Ristrutturare case in Sardegna: la visione dell'”anarchitetto” Mauro Milani

L’abitazione come metafora vivente del corpo umano, espressione dell’equilibrio e dell’armonia da raggiungere con la natura circostante. Ristrutturare case in Sardegna è un’esperienza unica ed emozionante, se ci si affida a Mauro Milani, direttore artistico e designer o più comunemente “anarchitetto”, come ama definirsi. Consulente di Campogrande Real Estate, sessantasette anni e bolognese di nascita ma cresciuto nel comune appenninico di Porretta Terme, dal 1989 risiede ad Arzachena, comune della Costa Smeralda, oggi centro di gravità permanente del suo modo di pensare e progettare. arteearchitettura.com

di Damiano Montanari

Nella sua professione si definisce “anarchitetto”. Quando nasce questa definizione e quanto l’arte ha influenzato e influenza la sua visione architettonica?

“Mi sono diplomato all’Accademia delle Belle Arti sotto la guida del grande Concetto Pozzati e successivamente ho conseguito un secondo diploma come Maestro d’Arte all’Istituto d’Arte. Queste qualifiche mi hanno permesso di applicare la direzione artistica ai lavori che seguo. Mi definisco anarchitetto perché, dopo avere frequentato per due anni fuori corso la facoltà di Architettura a Venezia, ho capito e consolidato la convinzione di volere uscire dalle rette vie dell’architettura accademica. In questo mio percorso di crescita e consapevolezza la Sardegna ha giocato un ruolo fondamentale”.

Per quale motivo?

“Nell’isola ho scoperto un mondo nuovo, un rifugio in cui sviluppare l’interpretazione plastica dei pensieri dei miei committenti. Nel progettare e ristrutturare case in Sardegna. elaboro in modo psicologico le loro richieste, trasformandole in volumi e in armonia con quello che ci offre una terra granitica e storica, ricca di ispirazioni e suggestioni”.

Perché ha scelto proprio la Sardegna?

“Arrivai qui nel 1982. Al tempo ero istruttore di nuoto, lavoravo per la Rari Nantes. Fu la FIN, la Federazione Italiana Nuoto, a inviarmi in Sardegna. Interpretai quella situazione come una opportunità. Oltre che allo sport, mi dedicai all’attività alberghiera, allo spettacolo e in particolare al teatro. Lì nacque il desiderio di approfondire la mia conoscenza della scenografia, un elemento che oggi è basilare nel momento in cui progetto o ristrutturo un immobile”.

Nella sua visione architettonico – artistica, lei a chi si è ispirato?

“Ci sono grandi maestri come Philippe Starck o il ‘visionario’ Gaudì, che interpreta e sonda l’anima all’interno dell’architettura. In me è forte l’influenza di ‘maitre’ Jacques Couelle. Per lui la partenza di ogni progetto è il corpo umano, un aspetto che poi ho personalmente sviluppato anche nel mio percorso artistico come pittore e scultore. La casa è la metafora di noi stessi: le fondazioni sono la pianta dei piedi, le gambe la struttura dei muri portanti, le braccia le parti esterne, le vene le tubazioni e i cavi elettrici. Poi ci sono il cuore, che inizia a pompare nel momento in cui apriamo la porta e che si alimenta dell’immagine che abbiamo varcando la soglia, la testa e gli occhi, che utilizziamo guardando attraverso le finestre ciò che ci circonda. C’è un continuo rapporto di scambio: tutto ciò che è fuori, rientra, e tutto ciò che è dentro, va fuori”.

Per questo si parla di ‘architettura muscolare’?

“Sì. Ogni progettista ha il proprio tratto distintivo. La grande Zaha Hadid, ad esempio, ideava strutture architettoniche sinuosissime che rispecchiavano l’eleganza e le rotondità delle forme femminili. Secoli prima Leonardo da Vinci pensò all’uomo con tutte le sue proporzioni, simbolo di una macchina che produce per sé stessa quanto le serve. La casa deve parlare di chi la abita. Non è un capriccio come può essere un gioiello, ma un elemento complementare alla propria vita. Per questo quando mi chiedono quale sia il mio stile rispondo che non ne ho uno”.

Perché quello che conta è esprimere la personalità del committente?

“Esattamente. Le mie strutture non appartengono a me, ma a chi le vive”.

Quanto la casa come espressione di protezione, richiamando il ventre materno, si sposa con l’arte e la bellezza nei suoi progetti?

“Sono intimamente collegate ed espressioni delle funzionalità del corpo umano. In più è fondamentale che le case si inseriscano correttamente nel paesaggio circostante”.

Il filo rosso che unisce una visione architettonica su misura con la migliore abitabilità è quindi il rapporto armonico con la natura circostante?

“Assolutamente sì. Nel progettare e ristrutturare case in Sardegna, ad esempio, me ne rendo conto continuamente. La casa è come una goccia d’acqua che assume la forma dell’elemento su cui si posa. Ultimamente questa visione è stata un po’ stravolta dal mood contemporaneo delle linee rette. Si è assistito ad una tendenza inversa: chi prima cercava un nido da proteggere ora è più propenso a far sapere all’esterno dove si trova e chi è”.

Il target a cui si riferisce è solo quello del lusso o si rivolge anche a clienti con capacità di spesa media?

“Il mio servizio è accessibile a chiunque. Che sia una villa o una piccola proprietà, la mia attenzione e professionalità è sempre massima. Quello che cambia è spesso il budget impiegato per il costo dei materiali utilizzati”.

Anche quelli devono essere preferibilmente legati al territorio in cui è costruito l’immobile?

“Sì. In Sardegna, ad esempio, utilizziamo il granito o un marmo bianco di Orosei. Anche gli intonaci sono realizzati a calce, come quelli delle case galluresi”.

Dal punto di vista commerciale, quanto aumenta il valore di un immobile con il suo intervento?

“Il contributo della mia equipe e di mio figlio Mauro Mattia, che è geometra, è fondamentale nel costruire e ristrutturare case in Sardegna, ma non solo. Le strutture architettoniche che realizziamo assumono un atteggiamento scultoreo, diventando molto scenografiche, come si può vedere consultando il sito web www.arteearchitettura.com.

Le case sono l’immagine della proprietà che le abita e questo rappresenta un valore importante. Ma imprescindibile è il luogo in cui sorgono. Quello è impagabile e nel tempo si apprezza sempre di più”.

Quale messaggio desidera mandare ai clienti di Campogrande Real Estate interessati alla sua consulenza e alla sua professionalità?

“A loro dico di affidarsi ai veri professionisti, che si riconoscono dalla serietà con cui lavorano. Personalmente sono molto grato a Stefano e a Daniela Campogrande, i fondatori di Campogrande Concept. Nel 2017 giocarono un ruolo fondamentale nel mio primo, vero ritorno all’arte, dandomi la possibilità di allestire una mostra a Palazzo Pepoli Campogrande in concomitanza con Arte Fiera. Ho potuto conoscere la loro sensibilità artistica e la loro capacità manageriale. Qualità imprescindibili che hanno riportato anche nel progetto Campogrande Real Estate”.

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